Cenni storici ed origine
Su
quest’uva questo vino sono stati versati fiumi di inchiostro.
Perché? Per la sua bontà e per la scarsità della
produzione. Antichissimo vitigno, già coltivato in epoca
imperiale romana, intuito più che citato nei testi col
vero nome, scomparso nei secoli e poi riassunto a nuova gloria nel ’700-’800,
nuovamente scomparso e risalito agli altari intorno al 1970.
Antonio
Zanon (1767) scriveva che questo delizioso vino allietava le mense
di Germania, Inghilterra e Francia. Ma se le tracce circa l’origine
di questo vitigno sono incerte, certi sono i luoghi di coltivazione:
in primis, le grandi vigne del Conte Fabio Asquini in quel di Fagagna,
da dove si sarebbe diffuso in tutta la fascia collinare del Friuli Venezia
Giulia.
Colore: giallo paglierino, talvolta
carico, spesso giallo o zecchino, giallo oro vecchio o quasi ambrato,
dopo alcuni anni di invecchiamento.
Odore:
profumo che ricorda il favo d’api colmo di miele prodotto
con tutti i fiori dei campi. Da qui un bouquet ampio, di eccezionale
eleganza, straordinariamente amalgamato, con un’incredibile serie
di sfumature aromatiche.
Gusto: sapore dolce-non-dolce, di nobile razza,
aristocratico, lunghissimo nelle sensazioni che cangiano in continuazione.
Non una nota stonata e nemmeno più forte dell’altra. Una
sinfonia insomma.
Accostamenti gastronomici:
difficile l’accostamento.
Come un brillante,
come una preziosa perla, ama la solitudine. È grande vino
da meditazione, sorprendente su alcuni formaggi piccanti. Va servito
fresco ma non freddo.
